Vanda Bonardo

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NO alla tripartizione e rilancio per un PARCO TRANSFRONTALIERO

COMUNICATO STAMPA ROMA 24 GENNAIO 2013

PARCO NAZIONALE DELLO STELVIO, FEDERRPARCHI, CAI E LEGAMBIENTE DICONO NO ALLA TRIPARTIZIONE E RILANCIANO PER UN PARCO TRANSFRONTALIERO

stelvioIl Parco Nazionale dello Stelvio è in una situazione indefinita dalla fine del 2010, da quando un decreto del Consiglio dei Ministri ne propose lo spacchettamento con la tripartizione tra le Province autonome di Trento e Bolzano e la Regione Lombardia, chiedendo la soppressione del Consorzio del Parco e azzerandone subito il Consiglio Direttivo e ottenendo di fatto un declassamento dell’area protetta da Parco Nazionale a una entità ancora indefinita. E’ vero che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, non ha poi firmato il decreto in questione (per la mancanza d’intesa con la Regione Lombardia e per l’evidente contrasto con la Legge Nazionale sulle Aree Protette), salvaguardando l’unitarietà del Parco Nazionale e impedendone così l’entrata in vigore, ma oggi il caso Stelvio torna di attualità e sarà sicuramente affrontato dal nuovo governo nei prossimi mesi.

In che modo? Si parla di dare seguito all’accordo del dicembre 2010. Infatti si parla di un accordo elettorale già raggiunto tra il PD di Bersani e la Südtiroler Volkspartei (Bolzano) su quanto avviato dal Governo Berlusconi per la provincializzazione del Parco Nazionale dello Stelvio. Senza entrare in polemica con nessuno, Federparchi, Legambiente e Club Alpino Italiano ritengono che lo smembramento del Parco Nazionale dello Stelvio non abbia ragione di essere compiuto e non vedono ricadute positive da questo passaggio, oltre a essere, per il PD, un passo indietro rispetto all’azione di suoi due Senatori Ferrante e Della Seta che con le loro prese di posizione e denunce in Senato, evitarono proprio lo smembramento del Parco. L’assetto unitario del Parco, istituito quasi 80 anni fa (per il 70 per cento ricadente nel territorio lombardo) non può essere messo in discussione ed è un segnale che dimostra incompetenza nelle politiche di conservazione.

Agli enti locali, che hanno il ruolo più importante nella gestione delle aree protette nazionali a partire dalla composizione degli organi (e in questa direzione le nostre associazioni stanno da tempo lavorando, per esempio nel portare contributi ‘local’ alla stesura della nuova 394) compete l’impegno per rilanciare, a livello europeo, transnazionale, la prospettiva di un Parco con il prestigio e la storia dello Stelvio.

Smembrare, rimarcare confini che la natura non riconosce, piegarsi a logiche politiche in cui valori affermati e tutelati, di territori e tradizioni, passano in secondo piano, creerebbe gravi danni all’ambiente.

Oggi è prioritario riavviare la piena funzionalità dell’Ente Parco con il rinnovo degli organi collegiali, compito che compete al Ministro dell’Ambiente. L’efficace e rispondente gestione del territorio ha bisogno di confronti tra gli interlocutori interessati: provinciali, regionali, nazionali e oltre. L’impegno futuro va profuso nel fissare nuovi obiettivi di conservazione, aperti al territorio e lungimiranti, magari insieme al Parco svizzero dell’Engadina o agli altri parchi vicini.

INFO: Ufficio Stampa Federparchi

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IL LUPO tra fascino e terrore

Il luporitorno del Lupo nelle Alpi non poteva che destare sentimenti contrastanti. Un conflitto tra opposti sensi, anche con tracce  arcaiche. Spesso, più di quanto non si possa immaginare  ritorna la rappresentazione del lupo come belva. Un’interpretazione insopportabile per una naturalista  per di più ambientalista (sic!), pur tuttavia degna di attenzione dal punto di vista socioeconomico e antropologico. Anzi da indagare e conoscere  soprattutto se si ha l’ambizione di smantellare quei luoghi comuni duri a morire e, al contempo, disvelare i reali problemi dei montanari.

A parlare di “lupo mannaro” inteso come antropofago, a volte ci si mettono anche persone  con una certa cultura e perciò consapevoli delle proprie affermazioni. In casi come questi diventa difficile non pensar male, tanto paiono lontani da  un approccio razionale e scientifico o  semplicemente da una  normale capacità di analisi di fenomeni  e  fatti.

Allo stesso modo fa meraviglia  la confusione tra fatti e commenti, mescolanze che non aiutano  a distinguere una narrazione fantasiosa da ciò che è realmente accaduto, perciò documentato e quindi dimostrabile.

Un conto è recuperare i racconti, le leggende, le storie del passato per darne un’interpretazione  socio-antropologica. Sempre utile ed interessante per capire l’animo umano e la società, così come  ci hanno insegnato Adorno e de Martino con i fondamenti dell’antropologia culturale. Diverso  è insistere su stereotipi e luoghi comuni per alimentare fantasmi e paure, improponibili  nel moderno Piemonte del terzo millennio.  Non è assolutamente vero che il lupo attacca  gli esseri umani addirittura al pari delle pecore. Il lupo è così timido e riservato da tenersi ben lontano dalla nostra specie. E’ un miracolo vederlo.Con questo  modo di pensare si  continua a  considerare  pericoloso per gli umani un animale come il lupo, sebbene in questi anni non ci sia mai stato nelle Alpi nessun caso di attacco alle  persone. Una valutazione difficile da accettare  visto che quotidianamente conviviamo con rischi sia in casa che all’aperto,  tanto enormi quanto incompresi. Percepire la giusta dimensione del rischio e convincere gli altri a farlo, credo sia un impegno minimo per un paese civile.

 Il lupo non è né buono né cattivo, è un animale come un altro. Probabilmente se lo si conoscesse un po’ di più e si studiassero i dati che abbiamo a disposizione (Progetto Lupo Regione Piemonte), si eviterebbero tante sciocchezze. A partire dal 1999 il numero di branchi di lupo presenti sul territorio regionale è aumentato e di conseguenza è cresciuto anche il numero di attacchi al bestiame domestico, pur non in maniera proporzionale.

Esiste una scienza  che ci aiuta a conoscere il comportamento degli animali :  l’etologia. A questa dovremmo affidarci quando vogliamo seriamente parlare di animali, siano essi lupi o cani domestici o quant’altro del regno animale. A partire dalle conoscenze scientifiche dovremmo  iniziare a costruire  una seria strategia per rendere  possibile  una convivenza con il ritorno del lupo.

Anche se modesto, è innegabile il pericolo per le greggi, e  su questo rischio occorre intervenire. Allo stresso modo occorre comprendere il forte patimento dei pastori “onesti” colpiti. Non capire la sofferenza per un gregge distrutto è da sconsiderati, ma la risposta deve essere “di testa”, non “di pancia”.

Occorre intervenire rafforzando quei  progetti  utili ad affrontare  i reali problemi  dovuti al ritorno del lupo nei pascoli montani. Progetti che realizzino monitoraggi continui sul territorio regionale, sui danni verso gli animali domestici. Sono da sostenere le attività di prevenzione, gestione, con team di veterinari come supporto  agli allevatori, insieme a strumenti normativi per un rapido rimborso dei danni subiti. Non ultimi i  premi per gli allevatori virtuosi che gestiscono il pascolo con buone pratiche.

Attività come queste sono contemplate nell’ottimo progetto del Parco Regionale delle Alpi Marittime, che la Regione Piemonte, con poca lungimiranza, ha pensato di troncare interrompendo i finanziamenti  dal 1° gennaio 2012. Un altro progetto importante, per dimensioni e per risultati è il Life WOLFNET , promosso dai parchi dell’Appenino insieme a Legambiente. Due esempi da seguire  e sostenere se si vuole effettivamente il bene della montagna e dei montanari.

In ultimo non va dimenticato che,  laddove c’è la capacità di reggere la sfida della convivenza con il lupo, possono sorgere  nuove e forti  opportunità economiche. Un territorio che tra le sue offerte turistiche sa anche offrire e comunicare la possibilità di incontri con animali selvatici così affascinanti  come il lupo,  non può che trarne giovamento. La dimostrazione concreta è il bellissimo centro faunistico Uomini e Lupi di Entracque che in due anni di attività ha registrato più di 40 mila visitatori. Una potenzialità economica in più per il territorio montano, sarebbe sciocco disdegnarla in un periodo di crisi come questo.

Vanda Bonardo

Responsabile nazionale Alpi Legambiente

 

 

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