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SEL EPOREDIESE SU TRATTAMENTI DI PIROGASSIFICAZIONE A BORGOFRANCO
Ivrea,6 ottobre 2013
Relativamente al progetto di pirogassificazione proposto nel comune di Borgofranco nell’esprimere il proprio punto di vista Sinistra Ecologia e Libertà vuole innanzitutto ricordare la sua posizione sul ciclo dei rifiuti.
Alla base di ogni scelta in materia di rifiuti va posta – a nostro parere – particolare attenzione al trattamento dei rifiuti stessi e alle soluzioni tecnologiche, poiché per ogni scelta di trattamento dei rifiuti residui occorrerebbe sempre prevedere una soluzione tecnologica che non ponga limitazioni alla riduzione e al riciclaggio.
Nella nostra prospettiva infatti la raccolta differenziata, il recupero e il riciclaggio non rappresentano un aspetto marginale ed integrativo di un altro sistema impiantistico, per noi rappresentano il sistema, il nostro futuro. Per questo riteniamo indispensabile valutare tutte le ricadute che un impianto di riciclaggio e di trattamento a caldo, quale quello di Borgofranco, possono offrire, dall’ambito energetica, ambientale, economico e occupazionale, con relative interazioni. Adottiamo quindi un metodo di valutazione trasparente e senza pregiudiziali che non escluda un’attenta analisi di costi e benefici.
Ciò premesso, non ci vogliamo esimere dal seguire con la dovuta attenzione l’evolversi delle nuove tecnologie, ben sapendo che sarà molto difficile individuare una soluzione che risolva i complessi problemi legati al ciclo e riciclo dei rifiuti.In tal senso condividiamo la posizione del circolo Legambiente Dora Baltea, impegnato nel Comitato DORA BALTEA CHE RESPIRA insieme a cittadini ed amministratori, che esprime una posizione di netta contrarietà alla realizzazione dell’impianto industriale e di intervento/controllo sulla sperimentazione.
Allo stesso modo chiediamo ai nostri amministratori, per quanto possa loro competere, di essere coerenti con questa impostazione e facciamo nostre le preoccupazioni espresse nell’appello del Comitato. Ribadiamo pertanto la necessità che:
1.nessuna decisione attinente a temi ambientali e di salute pubblica venga presa da parte della sola Amministrazione Comunale di Borgofranco;
2.pur consapevoli dei limiti di un Referendum consultivo (unico strumento previsto dalla normativa vigente), per favorire la partecipazione si indìca un Referendum tra i cittadini di Borgofranco e dei Comuni limitrofi, nel caso venga chiesto di realizzare l’impianto industriale;
3.come già chiesto dai Comuni di Andrate, Carema, Chiaverano, Nomaglio, Quassolo, Quincinetto,Settimo Vittone e Montalto Dora, tutti i dati relativi all’impianto sperimentale (qualità del gas,quantità e qualità degli scarti), siano pubblici. Devono essere monitorate in particolare le emissioni dei motori che bruciano il gas.
Il circolo Sinistra Ecologia e Libertà Eporediese
AEG ed EFFETTO SERRA
IVREA 2 novembre 2013
Interveniamo nel dibattito sul mancato impegno di AEG Cooperative per il salvataggio di Effetto Serra, di cui ne è il maggiore azionista.
Ovviamente non siamo a conoscenza di tutti i dati economici e finanziari che richiederebbe il salvataggio e la seguente gestione di un complesso, La Serra, che però, fin dalla sua nascita ha dovuto sostenere costi di funzionamento ben maggiori di quanto le varie soluzioni gestionali abbiano potuto ottenere in entrata. Fino a che la Olivetti è stata in buone condizioni di salute, legiore azionista.
Perdite venivano ripianate da trasferimenti aziendali. Ero un problema di coerenza per chi aveva costruito il complesso, e anche di immagine per la Olivetti e la Città di Ivrea, patria della coniugazione tra cultura e lavoro. Poi, andata in crisi Olivetti, è cominciato il non tanto lento, ma inesorabile declino. La proprietà ha passato varie vicissitudini e tentativi, la camere sono state cedute a privati sotto forma di monolocali, e le rimanenti strutture, cinema, piscina e servizi, sono stati gestiti e lo sono tuttora, da imprenditori privati e Associazioni del Territorio. Gran parte di esse sono fallite.
In tale scenario, AEG si è buttata, con coraggio ed incoscienza, in questa avventura, che poco o niente ha a che vedere con la sua missione ( produrre e vendere energia ), ma che appartiene alla sfera delle attività culturali, terreno dove peraltro AEG è sempre stata presente con larghe e munifiche donazioni. Ma qui si tratta di una gestire, con giusti profitti, una impresa.
AEG, leggendo i bilanci degli ultimi anni, è certamente una Azienda Cooperativa che guadagna e distribuisce ristorni ai propri soci, mantenendo una buona liquidità. Potrebbe, quindi, destinare parte dei propri fondi ad attività culturali.
Perché AEG ha deciso di non procedere?
Due sono le ipotesi, che possono anche coesistere:
1. I conti di Effetto Serra sono veramente talmente negativi, che nessun salvataggio è possibile;
2. Il salvataggio sarebbe possibile, ma AEG ha deciso di destinare ad altri obiettivi prioritari i propri fondi.
Se è vera la prima ipotesi, non ci resta che rammaricarci della perdita di un altro pezzo della cultura della vecchia Olivetti e della vecchia Ivrea.
Se è vera la seconda ipotesi, vogliamo immaginare e sperare che AEG, una delle ultime realtà industriali dell’ Eporediese, voglia investire per cercare di mantenere, e magari aumentare, la propria presenza nelle tecnologie energetiche, concorrendo con più possibilità di vittoria alla gara per la assegnazione della proprietà e della gestione delle infrastrutture di distribuzione del gas, gara che, seppur con continui slittamenti, prima o poi verrà indetta. Ciò farebbe crescere il know how di AEG, creerebbe qualche posto di lavoro in più, e garantirebbe una ulteriore e sana espansione ad una cooperativa che vede già migliaia di soci locali.
Per quanto riguarda Effetto Serra, il problema rimane aperto e va assolutamente risolto in positivo. La cultura, in tutte le sue declinazioni, è e sarà uno degli ambiti in cui investire, sia per creare nuovi posti di lavoro, sia per tenere alta la discussione su tematiche di impegno civile, anche se inserite, e ciò non guasta, in scenari di intrattenimento. Le amministrazioni Pubbliche del Territorio, in primis quella di Ivrea, devono ricercare e favorire la formazione di una aggregazione di soggetti che, partendo dai presupposti precedenti, abbiano la volontà e la capacità finanziaria di rilanciare il Progetto, riempiendolo anche, se possibile, di nuovi contenuti.
SEL supporterà ogni iniziativa in tale direzione.
SEL Circolo Eporediese
SEL:”BEN VENGA L’AUTORITA’ PER I TRASPORTI A TORINO, PURCHE’ NON DIVENTI L’ENNESIMO INUTILE CARROZZONE DI PARTE!”
Torino, 27 luglio 2013 COMUNICATO STAMPA
Lunedì prossimo il Senato si esprimerà sulla possibilità dell’Autorità Trasporti a Torino.
Ben venga un’Autorità di regolamentazione dei Trasporti a Torino, una città che possiede un patrimonio notevole di conoscenze e competenze su mobilità e trasporti.Deve essere però chiaro che questo insediamento va effettuato in un’ottica virtuosa, esente da sperperi.Ma soprattutto deve essere un organismo indipendente.L’indipendenza dalle lobby è essenziale per il ruolo che l’ente è chiamato a svolgere, un vincolo – secondo SEL -indifferibile innanzitutto nell’assegnazione di incarichi e ruoli.
Da tempo SEL chiede un ritorno ad una politica dei trasporti di ampio respiro capace di riportare i singoli atti all’interno di un’organica e sostenibile pianificazione dei trasporti e della mobilità. In tal senso può essere molto utile un organo di indirizzo e controllo capace di muoversi in un mondo in continua evoluzione e che, per la natura dei servizi che contempera, non può rispondere solo a logiche di mercato.
Per questo l’Autorità dovrebbe saper difendere gli utenti sia dai monopoli privati che da quelli pubblici (ovvero Trenitalia). Molteplici sono i temi scottanti sui quali l’Autorità avrebbe molto da dire,tra questi ad esempio la separazione della rete ferroviaria dai servizi.E’ noto a tutti che chi vuole competere con Trenitalia deve pagare un pedaggio al suo concorrente e dipendere dallo stesso per servizi importantissimi. L”Authority dei Trasporti deve creare le giuste condizioni per cui si arrivi a gare per la gestione del servizio ferroviario (e su gomma) in tutte le Regioni italiane, con ruoli chiari nel controllo degli investimenti e dell’offerta.
Il ruolo che l’Autorità può svolgere a difesa degli utenti è importante anche per quel che concerne aeroporti e concessioni stradali. E’ noto infatti che gli aeroporti stanno firmando piani di investimento con l’ente ministeriale attuale (Enac), con il rischio di rilevanti aumenti delle tariffe a carico dei viaggiatori, e probabilmente prolungamenti delle concessioni senza gare. Altrettanto dicasi per le concessioni stradali dove in tempi brevi occorre che si realizzazioni interventi regolatori nei confronti dei monipolisti.
Il Coordinamento Regionale SEL Piemonte
Ilva, ora tocca all’azienda che cumula profitti immensi mettersi in gioco
Mi separo dalle mie emozioni e cerco di leggere con freddezza il senso di ciò che sta accadendo dentro e fuori l’Ilva di Taranto. Dentro il più grande stabilimento siderurgico d’Europa. Dentro una città che soffre un dolore lancinante e che inciampa sulle proprie paure. Dentro un perimetro giudiziario in cui rimbalzano quesiti forti e taglienti, che infilzano tutto il buon senso e tutte le leggi che hanno regolato finora il rapporto complesso tra industria e ambiente, e più specificamente il rapporto tra produzione e salute.
A Taranto succede che muore un mondo intero, finisce un secolo che ancora arranca nella nostra quotidianità, scivola fuori dalla scena un paradigma culturale che ha organizzato le nostre società e le nostre economie: o si trova un equilibrio reale tra il lavoro e la salute, oppure un giudice stabilisce che la vita è incommensurabilmente il bene primario da tutelare. E da questo punto di vista si capovolge un modo astratto e convenzionale di normare la materia dei limiti alle emissioni: non possiamo chiedere ai corpi delle persone di adattarsi alle soglie dei veleni, ai nanogrammi, ai vincoli prestabiliti, bisogna viceversa partire dalla corporeità della vita e del vivente, dalla sua inviolabilità, per definire le linee di demarcazione tra una emissione lecita e una illecita. Questo diventa un tema non più rinviabile quando prende la parola l’epidemiologia, quando le evidenze scientifiche individuano un nesso causale tra inquinamento e patologie, quando dal registro dei tumori si comincia a leggere criticamente la dinamica della morte propagata dagli effetti collaterali di un ciclo produttivo.
Questo significa che è fatale spegnere l’area a calda e preparare il funerale della grande fabbrica? No. Questo significa che l’Ilva – che ha molto peccato in questi decenni ereditando dall’Italsider di Stato una stizzita indifferenza alle implicazioni ambientali e sanitarie della propria attività – deve cambiare registro, deve mettere mano al portafoglio e fare in fretta cento cose concrete: non un piano industriale che assomigli ad una vaga ambientalizzazione, ma un cambio epocale dei propri stabilimenti e delle proprie tecnologie. Ma anche un cambio serio di mentalità.
Tocca all’azienda, che cumula profitti immensi, mettersi in gioco. E qui si svela la natura di un conflitto che viene rappresentato come contrapposizione tra diritto al lavoro e diritto all’ambiente: in verità è un conflitto sommamente politico tra il partito del profitto e gli interessi sociali e vitali di comunità sempre più consapevoli, che chiedono, ad un tempo, il lavoro e la salubrità del contesto urbano, che chiedono di guadagnarsi un reddito senza rischiare la pelle. Insomma a Taranto sta crepando un’epoca che ha costruito ricchezza stuprando la vita. Ecco, ora si tratta di capire se quelli di oggi sono solo i dolori di una morte o possono diventare le doglie di un parto. Di una rinascita che non riguarda solo Ilva, che va molto oltre il capoluogo ionico: l’inquinamento non è certo una specialità pugliese, nella pianura padana il PM10 vola in quantità superiori anche di 8-10 volte rispetto a quelle che si registrano nell’area tarantina. Siamo invischiati in una trama di veleni. Spezzare la trama è l’unico futuro possibile.
“Stop all’acquisto di 90 caccia F35” Mozione 5 Stelle-Sel, firmano 14 Pd
Una mozione per chiedere che il governo italiano abbandoni il programma F35 della Lockheed Martin, destinando i circa 12/13 miiardi di euro di spesa previsti per l’acquisto dei 90 caccia agli investimenti pubblici. E’ la richiesta contenuta nella mozione firmata da 158 deputati: i gruppi parlamentari del MoVimento Cinque Stelle e di Sinistra Ecologia e Libertà a cui si sono aggiunti 14 colleghi del Partito Democratico, tra cui Pippo Civati e Fausto Raciti.
«Definire gli F35 strumenti di pace è ridicolo – dichiara Giulio Marcon, deputato di Sel, in risposta ad una recente dichiarazione del ministro alla Difesa Mario Mauro (Scelta Civica) – Possiamo fare tranquillamente a meno degli F35 ma non di ospedali che funzionano o di lottare contro la disoccupazione». Gli fa eco Giuseppe Brescia del MoVimento Cinque Stelle: «Questa dovrebbe essere una priorità anche per le altre forze politiche. Vorremmo che i 14 ‘coraggiosi’ del Pd trascinassero anche gli altri». Fonti di Montecitorio raccontano di pesanti pressioni dai vertici del gruppo Pd che hanno reso impossibile la firma di almeno altri 20 democratici interessati. Nessuno dei firmatari Pd ha preso parte alla conferenza stampa alla Camera per la presentazione della mozione.
Nel testo si invita il governo a rivedere i piani sull’acquisto del nuovo modello di difesa “sulla base del dettato costituzionale e della nostra politica estera” e a destinare le somme risparmiate alla “messa in sicurezza degli edifici scolastici, al riassetto idrogeologico del territorio, ad un piano pluriennale per l’apertura di asili nido”.
«Quattro miliardi sono a bilancio per il solo 2013, mentre non sappiamo ancora come sarà finanziata la cassa integrazione in deroga. La spesa complessiva è di 12,9 miliardi, sufficienti per mettere in sicurezza ottomila scuole, costruire tremila asili nido. Si tratta – ha proseguito Marcon – di una misura da varare prima possibile: un impegno che il prossimo governo deve prendere nei primi 100 giorni. Il governo che deve nascere deve mettere tra le sue priorità la riduzione delle spese militari per destinare le risorse risparmiate agli interventi contro la crisi, al welfare, al rifinanziamento del servizio civile».
Nella mozione viene sottolineato come nel corso del tempo il programma degli F35 abbia visto incrementare sempre più i costi (si parla di un’operazione da oltre 15 miliardi di euro, senza contare le spese di manutenzione):
«Con le stesse risorse – conclude il deputato di Sel – si potrebbe varare un piano straordinario di piccole opere (tra cui quelle indicate nella mozione) con le quali creare molti posti di lavoro in più e dare risposta ai bisogni sociali più urgenti del paese. E’ quello che ci hanno chiesto in questi mesi le campagne di “Taglia le ali alle armi”, le cui richieste ci impegniamo a sostenere in Parlamento».
La critica insita nella mozione non è solo economica: «Se si riuscissero a risolvere i numerosi problemi tecnici del progetto – ha sostenuto Luca Frusone di M5S – si tratterebbe comunque di velivoli con tecnologie per la penetrazione di profondità nei cieli più sicuri. E’ un aereo di attacco, destinato più che alla pace a rendere difficile il dialogo con altre potenze». Massimo Paolicelli, rappresentante delle associazioni riunite nella campagna «Tagliamo le ali alle armi», ha ricordato le «80mila firme raccolte contro gli F35, le oltre 600 associazioni coinvolte, gli 80 ordini del giorno approvati da enti locali che chiedono di fermare il programma».
ivrea alle urne: interviste a Vanda Bonardo
una qualità della vita migliore per IVREA
Articolo di Vanda Bonardo e Giuliano Cannata: NUBIFRAGI E SICCITA’ (pubblicato su Varieventuali 23 maggio 2013)
Nubifragi e siccità: quali difese per l’eporediese e il canavese?
Nubifragi e siccità si susseguono nell’eporediese e nel canavese, come nel resto d’Italia, senza soluzione di continuità.
Le consistenti precipitazioni di questo piovoso periodo primaverile insieme a quelle prossime dell’autunno, ora come nel recente passato (e probabilmente nel futuro prossimo) mettono alla dura prova un territorio estremamente fragile, tanto da farlo entrare in crisi per un nonnulla.
Allo stesso modo, presto, con le prime ondate di calore, lo stesso territorio si ritroverà a fronteggiare lo stress da siccità.
Da tempi non sospetti il mondo ambientalista ribadisce alcuni concetti, affermazioni che ora si vorrebbe finalmente veder tradotte in concrete azioni pianificatorie. Per ridurre il rischio occorre infatti invertire la rotta, ad esempio promuovendo la rinaturalizzazione delle aree più delicate e incoraggiando le attività economiche che valorizzano anziché pregiudicare le risorse ambientali. In questa particolare fase storica si dovrebbe affermare con più forza il principio per cui rispetto ad ogni altre azione sono prioritarie le politiche di contenimento della distruzione del paesaggio e delle aree agricole, di cementificazione di suoli e di interventi sconsiderati sulle acque. Occorre sostenere le buone pratiche di rimboschimento dei territori montani per aumentarne la capacità di ritenzione idrica. I Piani edilizi in sintonia con le migliori pratiche vanno inseriti in PRG centrati sul recupero dell’esistente piuttosto che su nuove aree di espansione.
Occorre recuperare le aree di esondazione e le zone umide lungo i fiumi per aumentare la capacità di rallentamento della velocità delle acque. Ripristinare le aree umide per aumentare il potere di autodepurzione dei corsi d’acqua e intervenire laddove non sono rispettate le norme sul DMV. Interventi questi indispensabili, sebbene non ancora del tutto compresi nella loro utilità, non solo nel sentire comune, ma anche da parte di molti tra coloro che si propongono a governare il territorio. Le odierne impellenti urgenze di far cassa oggi più che mai annebbiano anche i migliori propositi. C’è il fondato timore che il forzato rispetto del fiscal contract riduca ulteriormente i contributi statali con l’evidente rischio di un maggior uso degli oneri di urbanizzazione e simili, con effetti nefasti sul consumo del territorio e sul regime dei suoli e dell’acqua.
Tra le conseguenze perverse della febbre di distruzione del territorio che nel recente passato troppo spesso ha rappresentato il vero, l’unico obbiettivo “economico” c’è la tragica ripetitività degli interventi che ha prodotto in Italia orge di cemento e di cave di ghiaia (“messa in sicurezza…”), captazioni senza fine.
In specifico le due emergenze che si sono manifestate di recente nell’eporediese impegnano le future amministrazioni ad organizzare un piano di gestione semplice ma sicuro.
- Allagamenti delle strade urbane
Le cosiddette “acque di prima pioggia” dilavano un suolo reso impermeabile e vanno a intasare le caditoie e il reticolo drenante minore (spesso intubato in condotte “miste”pluviali più fecali) con portate molto alte anche se di brevissima durata, e limitato deflusso totale.
Il Comune insieme agli altri enti territoriali coinvolti, dovrebbero riuscire a riprendere in mano la pianificazione e la gestione di eventuali vasche o aree di accumulo delle portate di prima pioggia di scorrimento urbano, così come la separazione (ove conveniente) delle portate da convogliare al depuratore; ma soprattutto farsi carico della pulizia delle fogne e delle caditoie spesso ancora otturate dal fogliame autunnale all’epoca dei primi scrosci intensi.
- Alluvionamenti della sede autostradale.
Pur senza scendere qui in quella revisione accurata che l’Autorità di Bacino dovrà compiere sul nodo idraulico di Ivrea secondo le richieste di Legambiente, sembra chiaro che esiste un problema di sommersione della sede autostradale, pur limitata in altezza e di Tempo di ritorno alto (almeno ventennale). Nell’attesa di disporre di modellazione esauriente bisogna denunciare l’assurdità non disinteressata di un’opera devastante come la sopraelevazione. E’ infatti già fin d’ora evidente che in assenza di soluzioni idrauliche locali, una misura elementare di Allerta Rapida ben dimensionata nel rischio riporta il problema a una brevissima chiusura di qualche ora ogni vent’anni. Chiusura ordinaria e da sempre comunissima per motivi per es. di manutenzione o neve o incidente.
Per il calcolo dell’allerta si dispone ( in Val d’Aosta) di un sistema strutturato da pluviometri e da radar, e di monitoraggio idrometrico dell’onda di piena. Ma in carenza di ciò anche un modello di traslazione delle piena darebbe risultati sufficienti a decidere la chiusura con sufficiente anticipo, in presenza di una maglia d viabilità ordinaria da attrezzare e rendere chiaramente raggiungibile.
Vanda Bonardo
Giuliano Cannata*
* Docente di Pianificazione di bacino (Università di Siena), già Segretario dell’Autorità del Medio Tirreno e poi del Sarno, autore di “Governo dei bacini idrografici”, è stato Perito presso il Tribunale di Ivrea per l’alluvione del 2000
APPELLO AL VOTO PER LA LISTA SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTÀ
ELEZIONI AMMINISTRATIVE IVREA 26 E 27 MAGGIO 2013
La lista di Sinistra Ecologia e Libertà, che per la prima volta si presenta a Ivrea alle elezioni amministrative nella coalizione con Carlo Della Pepa sindaco, per noi rappresenta un momento di speranza e un fattore di stimolo per la politica eporediese.
Il percorso intrapreso da SEL, anche con la recente iniziativa nazionale “LA COSA GIUSTA” , è il segno di una sinistra che torna a parlare concretamente di lavoro, di uguaglianza e giustizia sociale, di diritti civili, di ambiente, di cultura, di innovazione e di etica pubblica.
Su questi temi e questi nodi si misurerà la capacità di costruire quel cambio di passo che oggi occorre a Ivrea.
Per questo rivolgiamo un appello affinché intorno a questa lista, fatta di esponenti della società civile di differenti età, sesso ed esperienze, si aggreghi il più ampio consenso elettorale.
Massimo Benedetto
Roberta Benetti
Laura Chiono
Pieralberto Dalla Pietra
Paolo Giordano
Lino Malerba
Lorenzo Marcone
Piero Martinoli
Ivan Pescarin
Agostino Petruzzelli
Maria Celeste Reisino
Ignazio Sarlo
Marilisa Schellino
Maurizio Simoncini
Gianni Tarena
Chiara Uccheddu
Giuseppe Vittonatti
Aldo Zanetta