Ho lavorato, sottolineo la parola “lavorato”, con Fabio Lavagno per parecchi anni, conosco la sua serietà, l’onestà e il rigore morale. Insieme abbiamo provato a contribuire a costruire quel progetto di SEL che ora non esiste più. Con lui ho potuto mettere a disposizione del partito quel poco di conoscenze e competenze che posseggo. Sebbene ci fossero provenienze culturali un po’ diverse, ho sempre visto in lui una grande capacità di ascolto e condivisione delle mie istanze, soprattutto ambientaliste. Attenzione che non colgo in altri, all’apparenza (solo all’apparenza) più sensibili ai temi ambientali. L’approccio riformista che ci connaturava e ci connatura tuttora ha permesso anche a me di allargare il campo e cogliere i temi che mi stanno a cuore in una sintesi più ampia dove si potessero collocare gli interessi del lavoro e la difesa dei diritti di tutti, per una diversa politica economica e finanziaria europea ( e italiana).
Sto dalla parte di Fabio Lavagno convinta come sono che la sua scelta abbia tutta la legittimità di esistere in un percorso di un gruppo politico come il nostro. Pretendo – uso questo termine non casualmente – che queste divergenze di pensiero, in quanto tali debbano essere rispettate. La mediocrità dell’insulto facile o del dileggio non fa bene a nessuno, men che meno a chi li produce. Altra cosa è la contestazione entrando nel merito.
La parola “libertà” presente nel nostro logo ma quasi sempre ignorata, ha per me un significato molto profondo. Nell’assunzione di responsabiltà dell’incarico a cui si è demandati dalla collettività non può mai mancare la libertà di pensiero e di indipendenza intellettuale anche e soprattutto da chi, addirittura vantando la sua natura esterna/estranea, entra di prepotenza in una collettività cercando di dettarne la linea. Così non può funzionare e Fabio non rappresenta altro che quella fetta di partito (nemmeno così piccola) che a queste condizioni non ci sta.
(26 giugno 2014)